Reggio Calabria, zona industriale - Nel box-ufficio dove si controlla tutta
la merce in entrata e in uscita, dove un computer registra l'andamento della giornata,
aleggiava un'atmosfera cupa. Tommaso Malavenda, patron dell'omonima azienda di
lavorazione e commercializzazione di carni pulsava con mano nervosa i tasti del
computer, scuotendo sconsolato il capo.
La notizia, ancora fresca di stampa, sulle tonnellate di farine infette provenienti
dalla Gran Bretagna e disseminate in centinaia di allevamenti in Francia e in
altri stati dell'Ue aveva improvvisamente riaperto una ferita che sembrava ormai
avviata alla guarigione, seminando nuovo panico fra i consumatori e nuovo sconcerto
sulla effettiva sicurezza per carni consumate. Si annunciava una nuova puntata
della "mucca pazza". Risultato per l'azienda Malavenda e per tutti gli
operatori del settore carni bovine: vendite pressoché dimezzate.
Per un'azienda creata ex novo con investimenti massicci, con tanto di bollo Ce
per mettersi in gara sul mercato nazionale, tutto questo è sicuramente
sconfortante.
«Io sto vivendo ilmomento più difficile della mia vita - bofonchia
in tono amaro Don Masino. _ Vedere le macellerie che chiudono e i consumatori
che rifiutano la tradizionale fettina di manzo. No, non è possibile! Guardi
questo stabilimento con tutta questa sofisticata attrezzatura che la ditta Baroncini
ha appena terminato di installare. Guardi queste celle frigorifere: semivuote.
E tutti gli automezzi, lì parcheggiati, fermi. No, tutto questo è
inverosimile. In tutta la mia vita, e ci sono dentro da oltre trnet'anni in questo
lavoro, e prima di me mio padre e ancor prima mio nonno, ebbene ho affrontato
spesso momenti difficili, duri, ma come questo mai!»
Per Tommaso Malavenda sono queste, sicuramente, giornate senz'alba tutte da dimenticare.
«Passerà anche questa, papà». E' il figlio Giovanni
che, in piedi, silenzioso, le braccia conserte, assiste allo sfogo paterno e infrange
all'improvviso l'atmosfera di pessimismo che regna nel box. Don Masino guarda
il volto sereno del giovane che gli sta accanto e sembra all'improvviso contagiato
dal suo sorriso bonario, pacioso, tranquillizzante. «Ma si - mormora - finirà
anche questa. Deve finire. E poi, come diceva quella donna in quel film americano?
In fondo, domani è un altro giorno.» Suvvia, andiamo a visitare o
stabilimento.
Ora, con Giovanni, percorriamo il lungo corridoio attorno al quale si allineano
le cinque celle frigorifere, prima di entrare nell'ampia sala adibita al "sezionamento"
e "disosso delle carni". Il locale è condizionato ed è
provvisto di termometro registratore, con tutti i dispositivi per la pulizia e
la disinfezione e la sterilizzazione degli attrezzi di lavoro.
Le carni sezionate e disossate vengono confezionate in sottovuoto a mezzo
campana di aspirazione e apparecchiatura termoretraibile tipo Cryovac. Successivamente
passano tramite rulliera nel locale adiacente per l'imballaggio in cartoni. Le
carni imballate vengono quindi trasferite in apposita cella frigorifera in attesa
della spedizione.
Sul lato ovest dello stabilimento è stato realizzato un locale destinato
alla produzione di salsicce fresche che consta di un reparto dissalazione e lavatura
budella e di una sala di produzione degli insaccati.
Nella progettazione del complesso è stata opportunamente osservata
la perfetta suddivisione dei tre settori che costituiscono l'impianto e precisamente:
quello delle carni bovine in osso, delle carni bovine protette e delle carni avicole,
realizzati in maniera tale da evitare incroci o interconnessioni. Va inoltre sottolineata
la praticità della circolazione interna all'impianto per gli automezzi
adibiti ai vari servizi di trasporto.
L'impianto sorge, infatti, su un'area di circa 6.000 mq di cui oltre 3.000
coperti dai due corpi dell'impianto (sezionamento e lavorazione carni, deposito
frigorifero carni congelate) e dalla palazzina per i servizi amministrativi, con
annessi gli uffici riservati al Servizio Veterinario.
La struttura è stata realizzata nell'area di industrializzazione del
comune di Reggio Calabria, su progetto di moderna concezione che evidenzia tutte
le disposizioni richiamate dalla normativa nazionale e comunitaria e ben inserito
nel contesto operativo e nella realtà economica della regione Calabria,
in grado di potere, con successo, sostenere le sfide del mercato sul piano della
commercializzazione e distribuzione delle carni. Una struttura, dunque, con tutte
le carte in regola.
Ora, a visita completata dello stabilimento, Tommaso Malavenda non disdegna
indugiare sull'album di famiglia che dai primordi del secolo ha "le mani
in pasta" nel settore carni: col nonno Giovanni che commerciava in ovini
e caprini, macellava e vendeva carni nel negozio familiare. E così via
fino al giovane Tommaso che già all'età di 16 anni, in bicicletta,
fceva i mercati rionali per l'acquisto di animali. Poi i primi viaggi all'importante
mercato di Modena per l'acquisto di bovini e suini, in Veneto per il pollame.
Per 50 anni la macelleria di famiglia è rimasta un punto di riferimento
fondamentale per la popolazione reggina. Fino al 1976 quando la famiglia si orientò
alla realizzazione dello stabilimento di via Padova. Nel 1978 ci fu l'inaugurazione,
nel 1991 il primo ampliamento e nel 1993 la ristrutturazione con l'inserimento
delle attrezzature meccaniche effettuato dalla ditta Baroncini
di Ravenna e, dal novembre 1995, il bollo Ce. Ottanta anni di impegno totale.
«I punti forti di influenza delle carni targate "Malavenda"
sono la Calabria e la Sicilia, soprattutto tra grossisti e macellerie tradizionali.
Abbiamo avviato un buon lavoro anche con la ristorazione. Lavoriamo in prevalenza
carne prodotta in Italia. Siamo convenzionati con il consorzio mantovano di carne
doc per essere competitivi sul piano della qualità. Purtroppo la carne
garantita è ancora la minima parte del prodotto venduto sul territorio
nazionale, per cui si rischia di accentuare la sporporzione fra l'aspettativa
del consumatore e l'offerta del mercato.
E per aggravare ulteriormente la situazione ci mancava solo la crisi della "mucca
pazza".
Dobbiamo quindi puntare al riequilibrio dei nostri punti vendita, tarandoli
sul fattore qualità che è sinonimo di genuinità e perciò
di sicurezza. Solo così sarà possibile riconquistare la fiducia
dei consumatori oggi messi a così dura prova dalla divulgazione a valanga
di notizie allarmistiche che si aggiungono a quelle di cosidetta informazione
scientifica (non sempre disinteressate) foriere di diffidenza e di sospetto sui
valori effettivi del prodotto carneo e sulla effettiva sicurezza dello stesso.
Si dovrà lavorare intensamente perché la macelleria torni ad essere
il luogo dell'acquisto sicuro, aggiornandoci anzitutto sui bisogni dell'odierno
cliente e orientandoci alle esigenze del cliente di domani.
Che non sono mai premature per chi voglia protrarre nel futuro la propria attività
e renderla durevole e proficua.»
Ora il dialogo con "Masino" Malavenda, sicuro e agguerrito esperto
del settore carni, si arricchisce di nuove suggestive proposizioni, ma il tempo
scorre veloce. E giunge il momento del congedo.
Proprio mentre le agenzie di stampa scandiscono le prime informazioni sul vertice
di Forte Belvedere a Firenze dei capi di stato e di governo e sul probabile superamento
della crisi della mucca pazza. La strategia della "pazienza, pazienza e ancora
pazienza" del premier di casa nostra aveva dunque contagiato il summit fiorentino.
E forse, e non a caso, aveva contribuito proprio il piatto principale ammannito
per l'occasione dal menù prodiano: una bella, corposa sanguinante "tagliata
di manzo". Di marca toscana.
Terenzio Ascari
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